mercoledì 27 giugno 2007

Per il precario, il provvisorio è già stabilità. (battuta trovata su internet di Rosario Cauchi)


Eccoci di nuovo… il contratto sta’ per scadere...

... come al solito, fino all'ultimo giorno, ancora nessuna notizia precisa. Questo si che e' vivere sul filo.

Il lavoro che sapevo precario ma che credevo sicuro almeno fino a gennaio 2008 a quanto pare non arrivera’ a veder cadere le foglie. Cinque anni di pendolare con ATAF e bus extraurbani tra Firenze e Siena, 120 km al giorno per 5 giorni alla settimana… 3 ore di percorso giornaliero al giorno per 5 giorni sono: 600km alla settimana x 15 ore… in un anno 28.800 km x 360 ore… in 5 anni insomma 144.000 km x 3600 ore.

Risultato: quasi 12 giri della terra per 150 giorni di viaggio e il culo piatto che ormai ha preso la forma del sedile del pullmann.

Triste, perche’ qua avevo degli amici a cui ero affezionato, bene o male sul lavoro passi piu’ tempo che a casa e ben presto i colleghi diventano una parte del tuo mondo.
Speriamo che questo blog almeno contribuisca a mantenere i contatti..
Di lavori ne ho cambiati parecchi, pochi regolari, ma non posso dire che a cambiare non sono abituato il mio problema e' sempre stato quello di essermi sempre adattato e adagiato senza mai cercare niente di meglio.. che fava!

D'improvviso ti trovi li', a guardare in basso verso il baratro, cercando di mantenere l'equilibrio e regolare la respirazione che, per l'effetto dell'emozione dell'altezza, si fa un po' difficoltosa.. un lieve giramento di testa quando riguardi avanti con ancora la voragine impressa nella retina.. indecisione.
Giusto un lampo, passa cosi' il panico nella testa, una breve apparizione come un flash nella notte piu' buia. Immobile ascolti il suono dei tuoi pensieri ritmati dal tuo respiro, ti par di sentire il battito del cuore, le mani sudano.
Riprendi l'equilibrio, soffi lentamente fuori l'aria e riprovi a portare avanti il prossimo passo sperando che la vertigine non torni.

Speriamo in un nuovo inizio.

“nel quartiere di Edo si usa una specie di cestino da pranzo intrecciato, che viene adoperato un solo giorno nelle passeggiate primaverili. Al ritorno lo si getta via calpestandolo. La fine è importante in tutte le cose.”
Hagakure - Yamamoto Tsunetomo (1659-1721)

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